Pippo Scandurra, vicepresidente nazionale di SOS Impresa Rete per la legalità, ha espresso in una nota alcune brevi considerazioni a titolo strettamente personale.
“Le norme recentemente approvate dall’Esecutivo per fronteggiare il diffondersi del contagio da Coronavirus hanno posto limitazioni stringenti alla libertà personale della popolazione.
Il Governo ha più volte sollecitato i cittadini al rispetto delle disposizioni poste a presidio del bene giuridico della salute pubblica, rimarcando che la loro violazione produrrà, come effetto, la denuncia all’Autorità Giudiziaria e all’adozione di provvedimenti severi nei confronti dei trasgressori.
I reati astrattamente ipotizzabili, infatti, sono molteplici e di diversa gravità, potendo condurre, financo, all’arresto dei trasgressori. Nel quadro allarmante che si è configurato durante le prime due settimane di quarantena è stata richiamata da più parti l’attenzione sul pericolo per l’ordine pubblico rappresentato dall’eventuale acuirsi, nei giorni a venire, del malcontento della popolazione per le stringenti misure adottate, unitamente all’inevitabile erosione delle (poche) risorse economiche a disposizione.
A ciò si aggiunga che, come sempre accade, l’emergenza diviene l’occasione propizia per molti criminali di dare sfogo alle più bieche intenzioni di facile arricchimento, attraverso la commissione di furti e rapine ai danni delle poche imprese che sono legittimate ad operare sul territorio. Si prendano ad esempio i recenti furti perpetrati ai danni di alcune farmacie romane, con relativa devastazione dei locali, che rappresentano un campanello d’allarme da non sottovalutare. In questa situazione drammatica sembra quantomeno discutibile la scelta dell’esecutivo di adottare un provvedimento che rende possibile, a richiesta del detenuto, la possibilità di scontare in regime di detenzione domiciliare la pena detentiva, qualora essa non sia superiore ai diciotto mesi, anche se costituente la parte residua di una maggior pena.
Tale è la previsione, contenuta nell’art. 123 del d. l. n. 18/2020, la quale, in attesa di essere convertita in legge, si presta ad alcuni, importanti, rilievi critici. È sicuramente rassicurante la circostanza per cui la norma c.d. “svuotacarceri” fa salve le ipotesi di reato di maggior allarme sociale, tra le quali quelle concernenti i delitti di mafia
e terrorismo. Tuttavia, nel novero dei delitti per i quali il decreto non impedisce al condannato di avanzare richiesta di detenzione domiciliare sono compresi i reati di rapina semplice, furto, furto in abitazione, truffa, spaccio di sostanze stupefacenti (con l’eccezione di chi ha fatto parte di un’associazione finalizzata al loro traffico e per le fattispecie di produzione e traffico di droga).
Va aggiunto che il decreto prevede l’obbligo, per i detenuti che debbano scontare un residuo di pena compreso tra i sei e i diciotto mesi, di indossare il braccialetto elettronico, con ulteriori costi a carico dello Stato. Sento di condividere il pensiero dei sindacati di Polizia che in questi giorni hanno espresso il loro disappunto su una misura che ha tutto il sapore di una resa ai violenti, a coloro che hanno attuato le recenti rivolte nelle carceri, in un momento di emergenza mai verificatosi dal dopoguerra ad oggi. Concedere i domiciliari a chi deve ancora scontare pene per reati di grave allarme sociale significa vanificare il lavoro di Magistratura e Forze dell’ordine, legittimando le proteste e le rivolte negli istituti penitenziari.
A ciò si aggiunga che tale concessione significherebbe aumentare in maniera esponenziale il carico di lavoro di vigilanza da parte delle Forze dell’ordine, circa il rispetto delle prescrizioni imposte, in un momento in cui le stesse sono sottoposte a sforzi immani per garantire il controllo del territorio e la repressione dei reati. D’altronde, una norma come quella in discussione apparrebbe più che legittima se solo avesse realmente una funzione di contenimento della diffusione del contagio da coronavirus; e per far ciò dovrebbe – ipotesi ritenuta dai più inaccettabile – riguardare la metà della popolazione carceraria, non certo le pochissime migliaia di detenuti che andrebbero a beneficiare delle misure di cui al d. l. n. 18/2020.
Certo, non si può restare indifferenti di fronte all’annoso problema del sovraffollamento carcerario; problema serio, attuale, che merita urgente attenzione da parte di tutte le forze politiche, il cui operato è stato più volte censurato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
È evidente, però, che non è con provvedimenti di tipo emergenziale che va affrontata la questione, ma con l’attuazione di un serio piano carceri che possa consentire a tutti i detenuti condizioni di vita più umane e dignitose. Ciò che non sembra opportuno, al contrario, è l’utilizzo dell’emergenza in corso per l’approvazione dell’ennesimo provvedimento svuota carceri che rischierebbe di ingenerare nei cittadini, quantomeno, il sospetto che non si abbia la volontà, o non si sia capaci, di approntare una seria soluzione al problema. Oppure, peggio, che, in fondo, ci si debba rassegnare ai provvedimenti di amnistia ed indulto che rappresentano il fallimento dell’azione repressiva da parte dello Stato.
Il rispetto della salute e della dignità dei condannati a pena detentiva non è, certamente, in discussione. Ma, si spera, non dovrebbero esserlo, in uno Stato democratico, neppure i principi della certezza del diritto e della pena”.