Viterbo, Operazione Erostrato: Sos Impresa Lazio parte civile al processo

Arriva la sentenza di primo grado del processo relativo all’Operazione Erostrato. Tra le parti civili anche Sos Impresa Lazio.

Di seguito la sintesi della notizia pubblicata dal portale TusciaWeb.

Mafia viterbese, fu mafia. Ecco la sentenza di primo grado per i dieci imputati di associazione di stampo mafioso che hanno scelto il rito abbreviato: Giuseppe Trovato, 13 anni e e 4 mesi (14mila euro di multa); Ismail Rebeshi, 12 anni e 12mila euro di multa; Luigi Forieri, 8 anni e 4 mesi; Spartak Patozi, 8 anni e 8 mesi (8mila euro di multa); Shkelzen Patozi, 8 anni e 4mila euro di multa; Fouzia Oufir, 5 anni e 4 mesi (6mila euro di multa); Martina Guadagno, 2 anni e 4 mesi, Gabriele Laezza, 8 anni e 6mila euro di multa; Gazmir Gurguri, 7 anni e 4 mesi; Sokol Dervishi, 6 anni. 

Prima della camera di consiglio, iniziata attorno alle 10,30 e terminata poco prima dell’una, il gup Emanuela Attura ha ascoltato le repliche del pm Fabrizio Tucci relativamente al tema dell’utilizzabilità della intercettazioni sollevato dal difensore di Trovato, l’avvocato Giuseppe Di Renzo.

Il giudice ha riconosciuto il vincolo mafioso. A tutti, tranne alla commessa di Trovato, Martina Guadagno.

Poi è stata la volta delle spontanee dichiarazioni dell’altro presunto boss del gruppo criminale italo-albanese sgominato con i tredici arresti del 25 gennaio 2019, ovvero Ismail Rebeshi.

Rebeshi, difendendosi, ha parlato per circa mezzora, concentrandosi in particolare sui retroscena della vicenda Theatrò e sui suoi rapporti con uno dei due romeni che nel 2017 avevano preso in gestione la discoteca sulla Cassia Nord organizzando serate danzanti per i propri connazionali. 

Riprenderà il 24 giugno, davanti al collegio del tribunale di Viterbo, il processo ai tre arrestati nel blitz del 25 gennaio 2019, cui viene contestata soltanto l’aggravante del metodo mafioso: Manuel Pecci, Emanuele Erasmi e Ionel Pavel. A differenza degli altri dieci hanno scelto il rito ordinario.

“Non una cellula della ‘drangheta, ma una mafia autoctona seppure con forti legami con la Calabria per via delle origini di Trovato”, hanno detto i pm, che per i presunti boss hanno chiesto 20 anni di carcere. Uno è Giuseppe “Peppino” Trovato, il 44enne originario di Lamezia Terme, titolare di tre compro oro a Viterbo, residente da una quindicina di anni nel capoluogo. L’altro è Ismail “Ermal” Rebeshi, l’albanese 37enne gestore a Viterbo di un autosalone e di un locale notturno, già in carcere per droga dal 26 novembre 2018 quando sono scattati i 13 arresti dell’operazione Erostrato.

Tra le 19 parti civili, su 47 parti offese individuate dalla Dda di Roma, oltre a sedici vittime degli attentati e delle intimidazioni dell’organizzazione criminale italo-albanese (tra cui imprenditori, un avvocato e un carabiniere) spiccano il comune di Viterbo, difeso dall’avvocato Marco Russo, che ha chiesto una provvisionale di 500mila euro,  l’associazione antimafia Caponetto e Sos Impresa

Si sono costituiti parte civile Sos Impresa Lazio, il Comune di Viterbo con l’avvocato Marco Russo e l’associazione nazionale antimafia “Antonio Caponnetto” con Felicia D’Amico. Gli altri sono: l’imprenditore, sindaco di Grotte di Castro e ex patron della Viterbese, Piero Camilli; l’imprenditore viterbese Rinaldo Della Rocca; l’avvocato Roberto Alabiso e la moglie Eleonora Cocciolo, difesi da Eleonora Olimpieri; l’imprenditore viterbese Roberto Grazini, difeso da Marco Russo; Claudio Ubertini e i figli Claudia Ubertini e Enrico Maria Ubertini, difesi da Eleonora Olimpieri; il vicebrigadiere dei carabinieri Massimiliano Pizzi; la titolare del compro oro di via Genova Fabiola Bacianini e il marito Stefano Pastura; Emanuele Gorini, difeso da Remigio Sicilia; il 31enne d’origine romena Ion Lazar; i titolari di compro oro Gabriele Petrini e Eleonora Macrì; Pierpaolo Guarriello. 

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